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venerdì 29 agosto 2014

Gastronomia, arte e filosofia: il brodetto di pesce si racconta nel cooking show della scuola di cucina ReD ad “Arte in Centro”

Il brodetto di pesce, nella varianti realizzate lungo la costa abruzzese, è stato il protagonista del cooking show che la scuola di cucina ReD, di S. Vito Chietino, ha presentato ieri, 28 agosto, in piazza Salotto, a Pescara, nell'ambito della rassegna Arte in Centro.
Chef d'eccezione, Ermanno Di Paolo, docente di ReD e custode della tradizione culinaria abruzzese, che ha preparato due varianti del brodetto, quella pescarese e la vastese, ricostruendone le origini, illustrando le differenze nell'utilizzo degli ingredienti e “insaporendo” tutto con alcuni aneddoti raccolti tra vecchi marinai, che hanno interessato il pubblico numeroso presente all'evento.
“Per capire le origini del brodetto di pesce pescarese” - ha spiegato Di Paolo - “bisogna tornare ai tempi in cui l'armatore regalava la scafetta al proprio equipaggio e all'impossibilità di portare a bordo il pomodoro fresco. Venivano quindi utilizzati il peperone secco, per insaporire il pesce, e il pane, che non mancava mai e che veniva usato come scodella. Oggi il pomodoro è diventato l'ingrediente essenziale, insieme al nostro ottimo olio extravergine di oliva e a cinque, sei tipi di pesce”.
Lo chef ha quindi preparato le due versioni di brodetto servendosi, come da tradizione, del tegame di coccio. Diverse le tipologie di pesce che sono alla base dei due piatti: pannocchie, seppie (che lo chef ha preferito ai calamari), il pesce prete, lo scorfano, la pescatrice, la razza, la sogliola, la tracina, lo scampo, con un'aggiunta finale di cozze e vongole.
“Nella versione pescarese” - ha proseguito Di Paolo - “ho utilizzato pomodoro fresco di qualsiasi tipo, privato della buccia e tagliato a cubetti, olio extravergine di oliva, peperone fresco, aglio tagliato a lamelle. Ho fatto cuocere la salsa e poi ho aggiunto gradualmente seppie, pannocchie, scampi e i pesci, valutando la loro durezza e la grandezza. Il brodetto deve poi cuocersi per almeno 20-25 minuti dalla ripresa del bollore perché la salsa deve diventare piuttosto densa. Nella versione vastese, vengono utilizzati più vegetali rispetto a quella pescarese e il pomodoro deve essere di un solo tipo, il mezzo tempo. Questa differenza è legata alla storia del brodetto vastese, nato nell'Ottocento, con l'arrivo del pomodoro in cucina. Il pescatore, di ritorno dalla costa, aveva l'abitudine, a quei tempi, di barattare con il contadino pesci della scafetta con prodotti dell'orto. La ricetta, per questo motivo, prevede, oltre al pomodoro mezzo tempo, l'utilizzo di prezzemolo, sedano, basilico, peperone verde, aglio e, naturalmente, olio extravergine di oliva. Il brodetto vastese, inoltre, è meno cotto rispetto a quello pescarese e la salsa è meno densa”.
Un breve accenno, nel corso del cooking show, anche alla variante giuliese, in cui viene aggiunto alla fine peperone verde tritato, e alla sanvitese, su cui lo chef si è soffermato riportando un aneddoto. “Mi ha raccontato una signora del posto che una volta, quando c'era poco pesce nei periodi di burrasca, si mettevano nel brodetto sassi degli scogli per insaporirlo” - ha concluso Di Paolo. “I marinai non facevano altro che utilizzare sapientemente gli ingredienti a disposizione e quando non li avevano, trovavano un rimedio perché non esistevano gli insaporitori”.
Il viaggio gastronomico della scuola di cucina ReD è stato preceduto ed accompagnato, nel corso della serata, dagli interventi dell'artista genovese Luca Vitone, del filosofo Gianni Garrera, ospiti della rassegna Arte in centro, che hanno analizzato il legame tra cibo, luoghi, geografia e cultura.
“Cucinare il cibo è come rappresentarlo, solo che si hanno responsabilità diverse” - ha affermato Vitone. “Chi lo cucina ha quella dell'immediato, di rapire il gusto del commensale, anche se poi ne resta solo la narrazione. Chi lo rappresenta, invece, ha la responsabilità di qualcosa che rimane nel tempo. Sono molto goloso” - ha aggiunto - "e per questo motivo ho fatto diventare il cibo mezzo di espressione artistica, tema del mio lavoro”.
“Nel conflitto fra contemplazione di un'opera d'arte e la consumazione di un cibo” - ha detto Garrera, “la filosofia moderna è stata capace di trovare una sintesi nel momento in cui considera la preparazione consapevole di un piatto, la sua condivisione, come una sorta di pittura del paesaggio fatta con gli ingredienti, con le sue reali erbe, radici e ricchezze”.
All'evento ha partecipato anche Simone Ciglia, curatore della mostra “Vita Activa, Figure del lavoro nell'arte contemporanea” in corso a Pescara, presso il Palazzetto Albanese, fino al 14 settembre prossimo. “L'incontro di questa sera” - ha concluso, “deve essere contestualizzato con il lavoro di Luca Vitone, che riguarda varie forme di espressione ed è sintomatico dell'arte contemporanea, che viene utilizzata per toccare tanti campi diversi, tra cui la gastronomia”.
Ufficio stampa
Tangram srl

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